
La sicilianità è femmina e a farne un bel romanzo è una siciliana. Giuseppina Torregrossa, medico e scrittore, nel 2009 ha pubblicato un lungo racconto di donne intriso di potente femminilità: “Il conto delle minne”, ristampato in edizione tascabile, o economica, il che nell’attuale contingenza non guasta. Eppure il libro descrive molte figure d’uomo, ahimè, non proprio all’altezza delle loro a volte avvenenti, sempre appassionate compagne.
Il “conto” nella lingua siciliana è il racconto, ma è anche la conta matematica. Il titolo si legge in due forme, quindi: il racconto di Agatina e della sua famiglia, saltando avanti e indietro, tra nonni e avi, maschi e femmine ardenti, superstiziosi e originali.
Perno di tutto, le minne: zinne, seni prorompenti, scarsi, sani e che si ammalano, e le “minne di Sant’Agata” che chiunque sia stato anche solo in visita a Catania conosce. Sono, infatti, dolci tipici che si preparano in onore dalla Santa, patrona della città, e che, come quasi tutti gli oggetti di devozione, devono la loro esistenza a un fondo di superstizione, “il conto delle minne deve essere pari: due seni, e due dolci, per ogni fanciulla”, a scansare gli sdegni della santa (in Sicilia anche i santi si sdegnano). La vicenda di Agatina si sposta a Palermo, città dell’autrice, dove la nonna Agata si è trasferita per amore.
La bambina che aiuta la nonna a preparare i dolci in onore e per devozione della santa di cui porta il nome, assiste impotente e attonita al “sacco di Palermo”: un muro mostruoso di cemento che si erge a privare per sempre la città della brezza del mare.
Più di una nota meritano le figure d’uomo che si accompagnano, senza volerlo e senza saperlo, a femministe in pectore. Uomini cui queste siciliane inconsapevoli fanno credere di essere sottomesse, a volte anche soccombendo nella battaglia per vincere la guerra.
Esilarante la figura di nonno Alfonso, avo di Agatina, talmente “fimminaro” da fidanzarsi “in casa” almeno una volta l’anno, continuando a essere padre e marito e a vivere in famiglia adorando la moglie legittima, Margherita, che quando sembra assoggettarsi è solo allo scopo di costruire dal nulla la fortuna economica della famiglia, sfruttando e ignorando il marito.
Paradossalmente proprio Agatina, la più giovane delle donne del “conto”, la più moderna e spregiudicata, indipendente grazie alla sua professione di medico, è colei che più delle altre si sottomette per amore. Amore che si presenta sotto forma di energumeno rozzo e nemmeno tanto bello, sposato a una femmina mafiosa, figlia e sorella di mafiosi, quindi pericolosissima. Passione più che amore, che la consuma fino a farle perdere lavoro e dignità. La salverà il “conto delle minne”, la ricetta della nonna di cui è l’unica depositaria. Eseguita malamente in un giorno di disperazione, le “provocherà” il male del secolo portandosi via uno dei suoi bei seni e anche l’amore malato di Santino. E le “minne di Sant’Agata” saranno anche la catarsi della ricostruzione della dignità non ancora perduta per sempre attraverso un percorso di ricostruzione tutto al femminile.
“Il conto delle minne” di Giuseppina Torregrossa – Oscar Contemporanea
La ricetta (nel libro)
600 g di farina 00
120 g di strutto
150 g di zucchero a velo
aroma di vaniglia
2 uova
Tagliare lo strutto a dadini e lavorarlo tra le dita insieme con la farina. Quando i due ingredienti saranno ben amalgamati aggiungere lo zucchero a velo, incorporare le uova e la vaniglia. Impastare velocemente. Quando il composto avrà una consistenza soffice ed elastica, da poterci affondare le dita come in un seno voluttuoso, coprire con una mappina e lasciar riposare.
Glassa
350 g di zucchero a velo
2 cucchiaio di succo di limone
2 albumi
Montare parzialemente gli albumi con un pizzico di sale. Aggiungere lo zucchero, il succo di limone e continuare a mescolare fino ad ottenere una crema bianca, lucida, spumosa.
Ripieno
500 g di ricotta di pecora
100 g di canditi
100 g di scaglie di cioccolato
80 g di zucchero
Lavorare la ricotta e lo zucchero fino a farne una crema liscia, senza grumi. Unite i canditi e il cioccolato. Lasciar riposare il frigorifero per mezz’ora circa. Imburrare e infarinare stampini rotondi, Perché il dolce abbia la forma di un seno. Stendere la pastafrolla in uno strato sottile. Foderare il fondo degli stampini, farcirli con la crema e chiuderli con dischi di pastafrolla. Capovolgerli sulla piastra unta e infarinata. Cuocere nel forno a 180∞ per 25-35 minuti. Sfornare e far freddare su una griglia. Estratta delicatamente ogni cassatina dal suo stampo, colarvi sopra la glassa, in modo uniforme Perché tenderà a solidificare in poco tempo. Perché delle semplici cassatelle si trasformino come per magia in seni maliziosi, minne piene, decorare queste magnifiche, bianche, profumate rotondità con una ciliegina candita.”
“Il conto delle minne” di Giuseppina Torregrossa
Oscar Contemporanea
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